Ogni anno 60mila italiani muoiono per arresto cardiaco extraospedaliero. La normativa che dovrebbe garantire soccorsi rapidi esiste ma non viene attuata.
Ogni anno in Europa si registrano circa 400.000 arresti cardiaci extraospedalieri, un fenomeno che riguarda persone colte da malore improvviso lontano da ospedali o strutture sanitarie. In Italia i casi stimati sono 60.000, con una media drammatica di un evento ogni sette ore. La stragrande maggioranza di questi episodi ha esito fatale. Eppure una legge che potrebbe ridurre in modo significativo il numero dei decessi esiste già, ma resta inapplicata.
La normativa, approvata con l’obiettivo di diffondere i defibrillatori semiautomatici in luoghi pubblici e formare cittadini e operatori al loro utilizzo, non ha trovato finora una reale attuazione. Mancano decreti attuativi, fondi adeguati e campagne di formazione. Il risultato è che migliaia di vite ogni anno non vengono salvate per assenza di strumenti e competenze di base.
Andrea Scapigliati, Presidente di IRC – Italian Resuscitation Council, ha ribadito in un’intervista che la questione non è più rinviabile: “Abbiamo una legge, ma se non viene resa operativa rimane solo sulla carta. Servono programmi concreti e una rete di defibrillatori realmente accessibili”.
L’impatto degli arresti cardiaci e i limiti della legge italiana
Un arresto cardiaco può colpire chiunque, senza preavviso. L’unica possibilità di sopravvivenza è un intervento immediato con rianimazione cardiopolmonare e l’uso di un defibrillatore. Ogni minuto perso riduce del 10% le chance di salvezza. È un dato noto da decenni, ma che in Italia continua a scontrarsi con la realtà: nella maggior parte dei casi, quando i soccorsi arrivano, è già troppo tardi.
La legge introdotta nel 2021 ha stabilito l’obbligo di installare defibrillatori in scuole, impianti sportivi, stazioni e luoghi ad alta affluenza. Ha anche previsto corsi di formazione per insegnare le manovre salvavita. In pratica, però, poco è cambiato. Molti istituti scolastici non hanno ancora i dispositivi, diversi comuni non hanno attivato piani di acquisto, e le campagne informative sono rimaste sporadiche.

Secondo i dati raccolti da IRC, la sopravvivenza agli arresti cardiaci in Italia è ferma attorno al 10%, contro percentuali doppie o triple in Paesi come Olanda e Danimarca, dove la distribuzione capillare dei defibrillatori e la formazione della popolazione hanno fatto la differenza. Qui non si tratta di tecnologia sofisticata, ma di organizzazione e volontà politica.
Lo stesso Scapigliati sottolinea che “una legge da sola non basta. Occorre creare una rete funzionante, garantire risorse economiche e monitorare i risultati. Altrimenti il numero delle vittime continuerà a crescere, come già avviene da anni”.
Le proposte degli esperti e le prospettive per il futuro
Gli esperti propongono misure precise per rendere realmente efficace la legge. Prima di tutto, l’acquisto e l’installazione obbligatoria dei defibrillatori in tutti i luoghi previsti, con fondi garantiti a livello nazionale. Poi, l’attivazione di un registro digitale che indichi la posizione dei dispositivi, integrato con i numeri di emergenza, in modo che chi chiama il 118 possa essere indirizzato verso il defibrillatore più vicino.
Fondamentale è anche la formazione diffusa. Non bastano i corsi rivolti a medici o infermieri: bisogna insegnare le manovre salvavita a insegnanti, studenti, allenatori sportivi e personale di luoghi pubblici. In diversi Paesi europei queste competenze sono già parte integrante dei programmi scolastici. In Italia, invece, solo una minoranza di cittadini sa eseguire correttamente un massaggio cardiaco.
Il nodo resta quello delle risorse. Senza finanziamenti adeguati e senza la volontà di rendere obbligatoria la formazione, la legge rischia di rimanere una buona intenzione mai tradotta in pratica. Intanto, ogni anno, decine di migliaia di famigliesi trovano ad affrontare lutti che potrebbero essere evitati.
Gli arresti cardiaci rappresentano la principale emergenza sanitaria improvvisa e colpiscono persone di ogni età, spesso apparentemente sane. Gli esperti ricordano che un defibrillatore può essere usato in sicurezza anche da chi non è medico, grazie a istruzioni vocali e meccanismi che impediscono errori. La tecnologia è pronta, le vite si possono salvare: ciò che manca è l’applicazione della legge.
Il 2025 potrebbe rappresentare un punto di svolta, se le istituzioni decideranno di intervenire con piani concreti. Ma senza una scelta chiara, i numeri non cambieranno. E l’Italia continuerà a registrare un tasso di mortalità da arresto cardiaco tra i più alti in Europa.