Nuove regole per lo smart working: a chi sarà revocato e quali spese ti devono rimborsare subito (se hai questi requisiti)

Cosa cambia

Nuove regole per lo smart working: chi rischia e chi ci guadagna-svoltacagliari.it

Franco Vallesi

Settembre 30, 2025

Il lavoro da remoto cresce in Italia e raggiunge 4 milioni di dipendenti. Ecco quando può essere revocato, le spese rimborsabili e i diritti garantiti.

Lo smart working non è più un fenomeno legato all’emergenza sanitaria ma una realtà consolidata che continua ad allargarsi. Secondo le ultime rilevazioni, in Italia il numero di lavoratori che operano da remoto è cresciuto del 5% in un solo anno, raggiungendo la soglia dei 4 milioni di dipendenti. Non si tratta solo di grandi aziende o pubbliche amministrazioni: anche molte piccole imprese hanno introdotto forme di lavoro agile per venire incontro alle esigenze dei propri dipendenti e, al tempo stesso, migliorare la produttività.

La diffusione del lavoro a distanza, però, comporta la necessità di regole precise. Oggi esistono norme che stabiliscono quando lo smart working può essere concesso, chi ne ha diritto, quali spese possono essere rimborsate e in quali casi il datore di lavoro può revocarlo.

Le nuove regole per lo smart working

Il lavoro agile è regolato da un accordo individuale tra datore di lavoro e dipendente. Questo documento definisce modalità, tempi e durata dello smart working, fissando anche gli obiettivi da raggiungere. Non si tratta quindi di una scelta unilaterale, ma di un’intesa che deve tutelare entrambe le parti.

Intesa
A regolare il lavoro agile è l’intesa tra dipendente e datore-svoltacagliari.it

Tra i punti fondamentali delle regole attuali ci sono:

  • Organizzazione per obiettivi: il dipendente non deve rispettare un orario rigido ma garantire risultati, mantenendo flessibilità sugli orari di attività.

  • Diritto alla disconnessione: nessun lavoratore è obbligato a rispondere a telefonate, messaggi o email al di fuori dell’orario concordato.

  • Tutela della sicurezza digitale: le aziende hanno l’obbligo di fornire strumenti adeguati e garantire la protezione dei dati aziendali, anche attraverso corsi di formazione.

  • Parità di trattamento: chi lavora da casa ha gli stessi diritti economici, normativi e di carriera dei colleghi presenti in sede.

Lo smart working può però essere revocato. Questo accade quando la mansione non è più compatibile con il lavoro da remoto o se il dipendente non rispetta gli accordi. La normativa, quindi, tutela sia i lavoratori sia le imprese, prevedendo margini di flessibilità per entrambe le parti.

Agevolazioni e rimborsi: a chi spettano

Non tutti i lavoratori hanno le stesse possibilità di accesso allo smart working. Alcune categorie godono di agevolazioni particolari:

  • I genitori con figli minori di 14 anni, che hanno diritto a richiedere il lavoro agile in modo semplificato.

  • I lavoratori fragili o con disabilità certificate, per i quali il lavoro da remoto rappresenta una forma di protezione sanitaria.

  • Alcune figure della pubblica amministrazione, incluse in progetti pilota e sperimentazioni di lungo periodo.

Un aspetto cruciale riguarda le spese rimborsabili. Lavorare da casa comporta un aumento dei costi di energia elettrica, connessione internet e, in certi casi, l’acquisto di strumenti tecnologici come computer o sedie ergonomiche. La normativa prevede che tali spese possano essere rimborsate, anche se i criteri cambiano a seconda dei contratti collettivi e degli accordi tra azienda e dipendente.

Molte imprese hanno introdotto indennità specifiche per lo smart working: bonus per le bollette, contributi per l’acquisto di strumenti informatici o buoni pasto digitali utilizzabili anche senza la presenza in ufficio. Questi incentivi non sono obbligatori per legge, ma rappresentano una buona prassi adottata da numerose realtà aziendali per mantenere alto il livello di soddisfazione dei dipendenti.

Limiti, rischi e garanzie del lavoro da remoto

Lo smart working porta con sé grandi vantaggi, ma anche alcune criticità che non possono essere ignorate. Una delle principali è la sovrapposizione tra vita privata e professionale. Senza un confine chiaro, molti lavoratori rischiano di essere sempre reperibili, con conseguenze sul piano psicologico e sulla qualità della vita.

Per questo motivo il diritto alla disconnessione è stato introdotto come garanzia fondamentale: stabilisce che il dipendente non debba rispondere a comunicazioni aziendali fuori dall’orario concordato.

Un altro punto riguarda la salute e la sicurezza sul lavoro. Anche a distanza, il datore di lavoro deve assicurare che la postazione sia adeguata e non comporti rischi per la salute, fornendo indicazioni su ergonomia e utilizzo corretto delle attrezzature.

Infine, resta cruciale il tema della parità di trattamento. Il lavoratore agile deve ricevere gli stessi benefit di chi lavora in presenza: ferie, permessi, progressioni di carriera e accesso a premi di produttività. In questo senso, la legge tutela contro possibili discriminazioni che potrebbero derivare dalla modalità di lavoro scelta.

Cosa aspettarsi e chi sarà coinvolto

Il quadro che emerge è quello di uno smart working sempre più diffuso e regolamentato, che coinvolge milioni di persone e che non è più considerato una misura emergenziale. Le nuove norme delineano un equilibrio tra flessibilità e tutele, con benefici sia per i lavoratori, che possono migliorare la qualità della vita, sia per le imprese, che vedono crescere produttività e risparmio.

Le sfide restano: garantire rimborsi equi, tutelare il diritto alla disconnessione e trovare un bilanciamento tra efficienza aziendale e benessere personale. Ma una cosa è certa: il lavoro agile è destinato a restare e a trasformare profondamente il modo in cui gli italiani vivono la propria professione.

 

Foto di Franco Vallesi