Un parassita minuscolo ma devastante si sta diffondendo nelle serre di Almería: il ragno rosso africano minaccia la sopravvivenza del pomodoro e allarma gli agricoltori.
Gli animali più piccoli sono spesso i più insidiosi per l’agricoltura. Basta pensare a un semplice scarabeo, capace di trasformarsi in una specie invasiva pericolosa. Oggi a preoccupare gli agricoltori spagnoli è un piccolissimo acaro, noto come ragno rosso africano, che sta diventando uno dei parassiti più temuti delle coltivazioni di pomodoro.
Il Ministero per la Transizione Ecologica e la Sfida Demografica (MITECO) ha diffuso una scheda informativa che descrive questo organismo come una vera minaccia per le serre, capace di distruggere interi raccolti. E il clima mite della penisola iberica non ha fatto altro che agevolarne la diffusione, soprattutto nelle coltivazioni sotto plastica di Almería, epicentro della produzione orticola nazionale.
Come il ragno rosso invade le serre e danneggia le piante
Il ragno rosso africano si distingue dagli altri parassiti per la sua resistenza e per la capacità di adattarsi a condizioni ambientali diverse. Non si limita ad attaccare i pomodori, ma colonizza anche le erbacce e la vegetazione circostante. Questo significa che, quando la fonte di cibo principale si esaurisce, l’acaro si sposta verso le serre, amplificando il problema.
I primi segnali della sua presenza sono difficili da riconoscere: macchie gialle che compaiono sulle foglie, spesso confuse con stress idrici o carenze nutrizionali. Ma presto il danno diventa evidente. Le piante iniziano a seccarsi, perdono fogliame e nei casi peggiori muoiono. Le colture più giovani, prive della forza necessaria per reagire, cedono rapidamente e il raccolto subisce un calo drastico.

Le conseguenze economiche sono enormi. Il settore del pomodoro spagnolo vive di margini ridotti e di competizione continua sui mercati europei. Perdere anche solo una parte della produzione significa non riuscire a restare competitivi, con ricadute pesanti sugli agricoltori e sull’intera filiera.
A rendere la situazione ancora più complessa è la resistenza climatica del parassita. Può sopravvivere a temperature comprese tra i 10 e i 38 gradi, quindi quasi in ogni periodo dell’anno. Questo lo rende difficile da prevedere e quasi impossibile da debellare con interventi stagionali mirati.
Le strategie di difesa: come fermare il ragnetto rosso africano
Il comportamento del ragnetto rosso è ciclico. Durante l’inverno si nasconde tra i resti delle colture, sotto le foglie secche, nelle erbacce o in angoli protetti delle serre. Con l’arrivo della primavera, però, si risveglia e comincia a colonizzare il retro delle foglie più tenere, nutrendosi della linfa vegetale. La sua capacità di riprodursi è impressionante: in pochi giorni può formare colonie estese che si moltiplicano senza controllo.
Gli esperti sottolineano che la prevenzione resta l’arma più efficace. Nelle serre si raccomanda di installare reti protettive sulle aperture e controllare costantemente la plastica delle coperture, evitando rotture o punti di accesso. Fondamentale è anche la gestione delle erbacce, che rappresentano un rifugio ideale per il parassita.
Un altro accorgimento riguarda l’uso di piante certificate con passaporto fitosanitario, per ridurre il rischio di introdurre il ragnetto rosso già all’interno delle coltivazioni. Quando l’infestazione diventa evidente, la misura più immediata consiste nel rimuovere e distruggere le foglie colpite, evitando che il parassita continui a propagarsi.
L’uso di prodotti fitosanitari è considerato l’ultima risorsa. Non solo perché il ricorso eccessivo a pesticidi può generare resistenze, ma anche perché elimina gli insetti utili, possibili alleati naturali nel contenimento delle infestazioni. Gli esperti ribadiscono che ogni intervento chimico dovrebbe essere effettuato soltanto dietro raccomandazione tecnica.
Il vero timore degli agricoltori è che il ragno rosso africano si trasformi in una presenza costante e strutturale, mettendo a rischio non solo la produzione di pomodori, ma anche di altre colture orticole. Per questo la ricerca si sta concentrando su soluzioni biologiche e integrative, capaci di limitare il danno senza compromettere l’equilibrio dell’ecosistema agricolo.