Il nuovo rapporto sulle dichiarazioni dei redditi mostra un’Italia divisa: il “ceto medio” sostiene la gran parte dell’Irpef, mentre quasi la metà dei contribuenti versa poco o nulla. Cresce il dibattito su evasione e giustizia fiscale.
La fotografia scattata dall’Osservatorio sulle dichiarazioni dei redditi di Itinerari Previdenziali offre un quadro che non lascia spazio a interpretazioni: il sistema fiscale italiano si regge su una minoranza. Su 42,6 milioni di cittadini che hanno presentato la dichiarazione, soltanto 33,5 milioni, cioè il 57% della popolazione, hanno effettivamente versato qualcosa nelle casse dello Stato. Tutti gli altri non hanno pagato nulla perché guadagnano troppo poco o perché la loro Irpef viene azzerata dal trattamento integrativo, il cosiddetto ex bonus Renzi, diventato strutturale e portato a 100 euro al mese.
Il dato che colpisce maggiormente riguarda la distribuzione del gettito: quasi il 77% dell’intera Irpef è pagato da poco più di 11 milioni di persone, circa un quarto dei contribuenti. Una sproporzione che solleva interrogativi sul concetto stesso di equità fiscale.
Chi paga davvero le tasse: il peso del ceto medio
Secondo i numeri ufficiali, tre quarti degli italiani dichiarano meno di 29mila euro l’anno e pagano meno di un quarto dell’imposta sui redditi. Il grosso del peso fiscale si concentra nella fascia compresa tra i 29mila e i 35mila euro lordi annui: circa 4,3 milioni di persone che rappresentano poco più del 10% dei contribuenti.
Questa categoria, che corrisponde a stipendi da circa 2.500 euro lordi al mese, tredicesima e quattordicesima comprese, è quella che sostiene la quota più rilevante del gettito fiscale. Sono i lavoratori dipendenti e i pensionati con redditi medi a reggere sulle proprie spalle il peso del sistema, pur senza godere dei vantaggi che altri gruppi possono ottenere.

Alla sommità della piramide troviamo invece i 145mila contribuenti che dichiarano oltre 200mila euro all’anno. Si tratta dello 0,34% del totale, ma su di loro ricade il 10,7% dell’Irpef complessiva. Una percentuale rilevante, certo, ma il fatto che siano così pochi ad avere redditi così alti indica che la platea dei “ricchi” è estremamente ristretta. E la questione porta inevitabilmente a un altro tema: l’evasione fiscale.
Chi paga poco o nulla: i numeri nascosti del sistema
Alla base della piramide fiscale ci sono milioni di persone che versano somme minime o addirittura nulle. Oltre 1,1 milioni di contribuenti denunciano redditi pari a zero o addirittura negativi, e quindi non pagano nulla.
Poi c’è la fascia più ampia, quella dei 7,3 milioni di italiani che guadagnano fino a 7.500 euro lordi l’anno. In media, la loro Irpef annuale è di appena 26 euro a testa, una cifra simbolica. Subito dopo troviamo i 7,7 milioni di cittadini che dichiarano tra 7.500 e 15mila euro, i quali versano 296 euro in media. Aggiungendo i 5 milioni di contribuenti con redditi tra 15mila e 20mila euro, che pagano circa 1.300 euro l’anno, si arriva a quasi il 50% del totale dei contribuenti, i quali però contribuiscono soltanto al 5,6% dell’Irpef nazionale.
In sostanza, quasi metà del Paese versa una quota marginale dell’imposta, mentre un numero ridotto di persone sostiene la quasi totalità del gettito.
Un sistema che grava su pochi e premia evasione e nero
Il presidente del centro studi, Alberto Brambilla, ha sintetizzato i risultati con un commento netto: “Il 43,15% degli italiani non ha redditi e vive a carico di qualcuno. È davvero credibile che quasi la metà del Paese sopravviva con 10mila euro lordi all’anno? Questi dati sono gonfiati da evasione ed economia sommersa, settori in cui l’Italia detiene primati europei”.
Il problema è che l’Irpef pesa per l’85% su lavoratori dipendenti e pensionati, le categorie che non hanno possibilità di occultare i propri redditi. Al contrario, chi ha introiti da capitale, affitti o attività autonome può contare su regimi fiscali agevolati, aliquote sostitutive e, non di rado, sul nero.
Il risultato è un sistema squilibrato che penalizza chi paga regolarmente e che, paradossalmente, finisce per incoraggiare l’elusione. Come evidenzia lo studio, il modello “meno dichiari, più ottieni dallo Stato” ha reso il sistema fragile, alimentando una spirale che mette a rischio la sostenibilità del welfare.
Il “ceto medio in trappola”
La definizione scelta dall’Osservatorio, “ceto medio in trappola”, rende bene l’idea: milioni di famiglie che guadagnano abbastanza da non avere accesso ai sussidi, ma non abbastanza da vivere serenamente, e che al tempo stesso finanziano la gran parte dei servizi pubblici.
Si tratta di un segmento fondamentale della società italiana, ma anche di quello più esposto alle incertezze economiche. Il quadro che emerge mostra come il sistema fiscale non riesca a bilanciare equità e sostenibilità: troppo peso concentrato su pochi, troppi cittadini che pagano poco o nulla, troppa evasione che sottrae risorse allo Stato.
Per il futuro, la sfida sarà riuscire a costruire un modello che distribuisca il carico in modo più proporzionale, senza soffocare chi già oggi contribuisce oltre la media e senza trascurare chi ha davvero bisogno di aiuto.